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actelios
automodellantino
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Inserito il - 23/11/2014 : 17:40:07
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Ciao a tutti, dopo secoli di inattività modellistica e collezionista, ho ripreso con la passione. Sarei intenzionato ad crearmi una piccola collezione di tutta la produzione che BOSICA ha fatto in questi anni, ma volevo documentarmi perchè non ne so tanto.
Ho visto che ci sono kit in scatola verde, altri chiamati MINIWERKS, altri ancora in scatola rossa ecc ecc ..
C'è QUALCUNO CHE MI PUò AIUTARE A FARE CHIAREZZA relativamente alla produzione nel corso degli anni dei BOSICA? quali sono i primi modelli? quali quelli successivi? quali gli ultimi ... ? quali infine i migliori ?
grazie sin d'ora per chi vorrà aiutarmi. giuseppe
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actelios
automodellantino
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Inserito il - 25/11/2014 : 18:56:13
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ok, ok andiamo almeno per gradi ...
qualcuno mi fa sapere i modelli in scatola verde se sono la prima versione o ????
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eigi
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Inserito il - 26/11/2014 : 17:45:34
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Per rispondere con il dovuto rispetto che si deve ad un Grande come Vincenzo Bosica ci vuole un conoscitore "dettagliato" della sua produzione. Personalmente posso solo elencarti ciò che mi ritrovo riportati nel mio personale archivio "storico" del modellismo-collezionismo alla voce Bosica Kits.
BOSICA Porsche 356 Coupè BOSICA Porsche 356 speedster BOSICA Ferrari 126 C2 - scatola bianca - 100 pezzi numerati BOSICA Ferrari 156/85 BOSICA Ferrari 375 MM - scatola verde - 400 pezzi numerati BOSICA Ferrari 288 GTO - 12 pezzi numerati BOSICA Alfa Romeo 1750 GS Zagato - scatola bianca - 400 pezzi numerati BOSICA (built) motore Ferrari 156/85 (montato) BOSICA (built) motore Ferrari 126 C2 (montato)
oltre a questi marcati BOSICA (ma ne mancano sicuramente alcuni) ce ne sono altri, prodotti da altre ditte, dei quali Bosica ha però realizzato il "master di stampa", la prototipizzazione. ABC BRIANZA - montato - Buick Bug ABC BRIANZA - montato - FIAT 500 corsa ABC BRIANZA - montato - Lancia Astura CAR Ferrari P3/4 FDS Ferrari 126 CK FDS Ligier JS 11 FDS Mc Laren M29B FDS Porsche 908/3 FDS - montato - Arrows A3 FDS - montato - Wolf WR7 MERI KIT Lotus 49 Gold Leaf MR Ferrari FXX MR Ferrari F40
Di certo c'è che i Bosica sono quasi introvabili e se scovati sono cari come la polvere di Trilly Campanellino ... e dipende anche da chi li ha montati, se lo stesso Bosica (factory built) o qualche nume del montaggio (Kamimura?); comunque sia, fare una collezione dei suoi kit, può indurre a dover accendere un mutuo!
Miniwerks è un negozio che tratta oggetti di culto collezionistico e modellistico, non ha nulla a che vedere con la produzione diretta dei kit di Bosica.
Se vuoi tentare di avere notizie più certe e precise riguardo a Bosica e alla sua produzione, visita la pagina FB a lui dedicata (non ufficiale) e contatta il titolare della pagina (utente ed ex-utente di diversi forum del settore, che tu stesso probabilmente conosci) https://www.facebook.com/pages/Vinc...age_internal
Buona caccia!
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512s
iperautomodellante
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Inserito il - 26/11/2014 : 18:37:15
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Col marchio Tron, agli inizi degli anni ottanta usci la Opel Ascona 400 prototipata da Vincenzo Bosica
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Modificato da - 512s in data 26/11/2014 18:37:46 |
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mc cannaia
automodellandonissimo
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Inserito il - 26/11/2014 : 19:12:05
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Anche il prototipo della Ferrari 412P venduta con il marchio Car, nelle tre o quattro versioni che corso, fu realizzato da Vincenzo Bosica.
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chi vola vale, chi vale vola, chi non vola è un vile |
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actelios
automodellantino
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Inserito il - 03/12/2014 : 17:41:46
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ragazzi intanto un grazie milleeeeeeeeeeeeeee!!!!!! particolarmente a eigi. sono contentissimo davvero finalmente un pò di informazioni in più sul bosica che per altro non sono così facili da trovare :)))
ho qualche dubbio sulla GTO 12 pezzi numerati posto che se ne trovano in giro ancora e senza tanti problemi, oltre al fatto che della 126 ci sono pure i kit in scatola verde.
Da quello che ho capito comunque i verdi sono i più vecchi.
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actelios
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Inserito il - 03/12/2014 : 17:45:37
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| mc cannaia ha scritto:
Anche il prototipo della Ferrari 412P venduta con il marchio Car, nelle tre o quattro versioni che corso, fu realizzato da Vincenzo Bosica.
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questa è in vendita nel sito di uno dei due fratelli TRON, l'ho vista ma non ho capito davvero se il prototipo possa essere attribuito SOLO a bosica o a chi altro . c'era una disputa di questo discorso ...
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actelios
automodellantino
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Inserito il - 03/12/2014 : 17:46:15
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| 512s ha scritto:
Col marchio Tron, agli inizi degli anni ottanta usci la Opel Ascona 400 prototipata da Vincenzo Bosica
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mai sentito ... se ne sa qualcosa di questo modello?
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actelios
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Inserito il - 03/12/2014 : 17:48:44
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| eigi ha scritto:
Per rispondere con il dovuto rispetto che si deve ad un Grande come Vincenzo Bosica ci vuole un conoscitore "dettagliato" della sua produzione. Personalmente posso solo elencarti ciò che mi ritrovo riportati nel mio personale archivio "storico" del modellismo-collezionismo alla voce Bosica Kits.
BOSICA Porsche 356 Coupè BOSICA Porsche 356 speedster BOSICA Ferrari 126 C2 - scatola bianca - 100 pezzi numerati BOSICA Ferrari 156/85 BOSICA Ferrari 375 MM - scatola verde - 400 pezzi numerati BOSICA Ferrari 288 GTO - 12 pezzi numerati BOSICA Alfa Romeo 1750 GS Zagato - scatola bianca - 400 pezzi numerati BOSICA (built) motore Ferrari 156/85 (montato) BOSICA (built) motore Ferrari 126 C2 (montato)
oltre a questi marcati BOSICA (ma ne mancano sicuramente alcuni) ce ne sono altri, prodotti da altre ditte, dei quali Bosica ha però realizzato il "master di stampa", la prototipizzazione. ABC BRIANZA - montato - Buick Bug ABC BRIANZA - montato - FIAT 500 corsa ABC BRIANZA - montato - Lancia Astura CAR Ferrari P3/4 FDS Ferrari 126 CK FDS Ligier JS 11 FDS Mc Laren M29B FDS Porsche 908/3 FDS - montato - Arrows A3 FDS - montato - Wolf WR7 MERI KIT Lotus 49 Gold Leaf MR Ferrari FXX MR Ferrari F40
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Buona caccia!
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eigi, grazie davvero le tue informazioni sono davvero preziose ed un ottimo punto di partenza per cercare di ricostruire l'intera sua produzione. Il sito facebook l'ho visto ... ma davvero non mi sembra aggiornato da tempo.
In realtà mi pare ci fosse pure un sito bosica ... a suo nome ! oggi il dominio è in vendita . Detto questo, non sai in quanti pezzi sia stato costruito i due motori?
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eigi
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Inserito il - 04/12/2014 : 16:10:27
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Purtroppo siamo italiani ... fossimo in altri lidi ci sarebbe una ONLUS dedicata a V.Bosica, o a M.Conti, tanto per dire ... dal quale poter attingere a tutta la loro produzione, umana e materiale. La colpa è di coloro che "sanno" e tengono per se; per una stupida ed insana visione che li fa sentire orgogliosi di essere custodi di "segreti" non divulgabili e li rende, ai propri occhi, dei potenti. Potenti in meschinità, questo è certo!
Per la mia piccola conoscenza posso dirti solo che, intanto, bisogna aggiungere un modello alla lista dei "prototipizzati": MR (by Bosica) Dino 246 GT
Per quanto riguarda la 288GTO a me risulta che il kit di Bosica, il suo primo modello in 1:43, completamente chiuso, sia stato fatto in pochissimi esemplari, circa 12 appunto ... ma ovviamente, come già detto, verifica sempre ciò che scrivo Tieni comunque a mente che la 288GTO (by Bosica) è stata fatta anche da MR, full open, in due varianti di colore, Rosso e Giallo, ed ognuna in 100 pezzi; quel modello è il più conosciuto come un BosicaModel (dai meno addentro alla cosa) ed è quello che a volte si vede in giro ...
Per i motori non so darti una risposta precisa, anzi, neanche indicativa; posso solo dirti che, ad esempio, il 126CK era venduto solo montato direttamente da Bosica; composto di circa 400 pezzi necessitava, per l'assemblaggio, di attrezzi specifici che Bosica si era autocostruito per l'occasione. Ne sono state prodotte due serie: la seconda aveva alcune differenze tra le quali, la maggiore, era la mobilità dei semiassi, che precedentemente erano fissi. Tuttavia, "a naso" direi che si possa parlare di alcune decine di pezzi, non di più.
Una curiosità: Bosica costruì ed assemblò anche un motore 288GTO superdettagliato, presentato (mi pare) ad un Novegro o a Norimberga, che rimase però esemplare unico (oggi appannaggio di un collezionista italiano).
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actelios
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Inserito il - 04/12/2014 : 17:23:19
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eigi ... condivido con te la considerazioni iniziali. detto questo te sei un enciclopedia vivente, sono contentissimo di tutti i dettagli che mi stai dando, davvero non li conoscevo !! La cosa è molto importante per me perchè all'apparenza tutti i prodotti bosica sono uguali ma poi ci metti tutte ste peculiarità ecco che le differenze vengono fuori .. eccome !
proverò a mettere insieme un pò tutte le informazioni che sto raccogliendo anche da altri forum, chissà forse ne esce una bella cosa. a meno che lo stesso bosica un giorno non decida di scrivere un libro autobiografico con indicazioni precise di tutta la produzione .
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eigi
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Inserito il - 04/12/2014 : 17:55:20
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Ti riporto un'intervista a Bosica, edita da IlGiornale.it, e postata anni orsono (2011) dall'amico Luca. E' interessante, si può capire come lavora(va) ... e perchè i suoi modelli, e quelli realizzati da "artisti" come lui, sono qualcosa di diverso da tutto il resto. Indipendentemente dall'essere o meno perfetti.
| Messaggio di Luca
| Le sue Ferrari valgono 80 euro al grammo: oltre il doppio dell’oro
È tutta questione di proporzioni. La Ferrari 1984 Gto pesava 1.160 chili e costava 220 milioni di lire: 0,09 euro al grammo. Le Ferrari costruite da Vincenzo Bosica, come la 126 C2 che nel maggio 1982 si trasformò nella bara di Gilles Villeneuve sul circuito belga di Zolder, pesano un etto e in Giappone vengono scambiate fra i collezionisti a 8.000 euro: 80 euro al grammo. Ergo costano l’88.788% in più delle Ferrari autentiche. Per fugare gli equivoci che potrebbero derivare dai segni d’interpunzione: quasi il centomila per cento in più. Per essere ancora più chiari: 46 euro al grammo più dell’oro. «Il guaio è che ci guadagnano soltanto i patiti di modellismo, mentre a me rimangono le briciole», recrimina il Michelangelo della miniatura. La sua arte è tutta qui: dare valore al niente, trasformare il grande in infinitesimo. Certo, se il tuo scopo è arricchirti, non passi metà della vita in uno scantinato di tre stanze più porticato, 110 metri quadrati di fuligginoso bordello, a Castelletto di Branduzzo, sperduta località del Pavese, con le lenti da 6 ingrandimenti calcate sulla punta del naso, come il vecchio riparatore di giocattoli di Toy story 2. E comunque Bosica, che nel 1980 lasciò un posto da operaio in fabbrica per inseguire la sua incoercibile passione, s’accontenta d’aver fatto studiare due brave figliole, «una è farmacista a Milano e l’altra interprete alla Cameron, compagnia texana di valvole per oleodotti». Non è da tutti creare Ferrari finte che costano in proporzione più delle Ferrari vere, Ferrari che a fatica ospiterebbero una formica eppure identiche fin nei più minimi e nascosti dettagli alle Ferrari che i cumenda ingombrano con le loro panze. E non solo Ferrari: oltre alle «rosse» Gto, alla 126 C2, alla 156-85 e alla 375 Mille miglia, in trent’anni ha riprodotto anche le Porsche 356 Coupé e Carrera Speedster e l’Alfa Romeo 1750 Gs. Sette modelli, non uno di più, in pochissimi esemplari numerati («in genere una cinquantina, mai più di 100»), che sono finiti per il 90% in Giappone e per il rimanente 10% in Stati Uniti, Canada, Brasile, Germania, Francia, Belgio, qualcuno a Hong Kong, pochi in Italia. Quando ci sono finiti. Perché per avere un modellino firmato Bosica gli appassionati devono prenotarsi con anni d’anticipo, mettersi in coda e attendere pazientemente il loro turno. «Mi ha cercato Ugo Gussalli Beretta, quello delle armi, erede della più antica dinastia industriale del mondo. Voleva a tutti i costi che gli facessi il modellino della Porsche 550 Spyder. L’ha pilotata in sette Mille miglia ed è la stessa con cui andò a schiantarsi l’attore James Dean sulla Route 66 in California. Non se ne parla nemmeno. Faccio 65 anni a luglio e non me ne basterebbero altri dieci per accontentarlo. Non voglio portarmi lavoro da finire anche nell’aldilà». Esagerato? Provateci voi a lavorare in scala 1:43 e a far nascere dal nulla un’automobilina lunga 93 millimetri, larga 38, alta 30, dove le forcelline delle iniezioni meccaniche misurano 0,4 millimetri, i prigionieri del cambio (viti filettate senza testa, mica ergastolani) 0,3 e i rivetti 0,2. Poi tentate di farla muovere su ruote del diametro di 10 millimetri, con cerchioni sorretti da 72 raggi, ognuno dei quali avente un diametro di 0,125 millimetri. Un momento, non è ancora finita: dovete fare in modo, servendovi della molla di un bilanciere d’orologio, che a ogni giro delle ruote corrisponda l’avanzamento del tachimetro alloggiato nel cruscotto lillipuziano. Bosica ha sempre lavorato da solo. L’unica volta che una potenziale allieva, dotata di manualità discreta, s’affacciò nel suo antro spinta più dalla necessità di guadagno che dalla passione, scappò via dopo pochi giorni con i capelli dritti. «La prima regola è che devi saper fare tutto». Anche inventarti gli attrezzi necessari per eseguire le complicate, micrometriche, estenuanti lavorazioni, quando quelli in commercio non bastano. Per esempio ha brevettato un macchinario che costruisce le ruote con i raggi, copie perfette in miniatura di quelle prodotte per la Ferrari e per la Ford dalla ditta Borrani di Rho. È impressionante la mole di strumenti di cui l’artigiano si serve: tre torni («compreso l’esemplare numero 1 prodotto nel 1954 dalla svizzera Pétermann per un’azienda di orologi»), due presse, due trapani, fresa, pressa a iniezione per gomma, pantografo, aerografo, calibri, lime, persino una turbina usata dai dentisti per rimuovere le carie. Ancora più impressionante è osservare le migliaia di componenti, più simili al pulviscolo atmosferico che alla ferramenta, forgiati dalle mani di Bosica e custoditi in teche trasparenti: pistoncini, puleggine, marmittine, vitine, dadini, bulloncini. Ogni modellino può contenere da 150 a 800 pezzi. Si sarà mangiato la vista a montare tutti questi minuscoli ingranaggi. «Può dirlo. Alla Porsche 356 Carrera Speedster ho lavorato per 19 anni». Sta scherzando? «No. Alla fine ero talmente esausto che ho dovuto cedere il prototipo, finito al 95%, al mio amico Abe Yoshiyuki, un preparatore di auto da competizione che abita a Nagoya, in Giappone. Lui l’ha ultimato e ha avviato la produzione in serie con la sua azienda, la Raccoon. Ora vende il modellino a 3.000 euro, che scendono a 900 per chi lo acquista in scatola di montaggio ed è capace di costruirselo da solo». Nessuno la aiuta? «Quella santa donna di moglie mi dà una mano per le saldature. Lavoro solo in lamiera di rame oppure in metallo bianco, cioè una lega di piombo, stagno, antimonio e rame. Uso acciaio, gomma, legno e pelle solo per alcuni particolari, come le corone dei volanti. La plastica mai». Fa meglio dell’industria automobilistica, che tra un po’ ci rifilerà le carrozzerie in moplen. «L’auto vera è in lamiera. Ma solo per ottenere un parafango ci vogliono quattro stampi. Osservando le bambole delle mie figlie, mi sono accorto che erano prive di giunture. Così sono andato a visitare lo stabilimento di Lonate Ceppino, nel Varesotto, che produceva le Barbie per la Mattel. E da lì ho messo a punto un processo di elettroformatura con bagno galvanico». Ma com’è che una mattina lei si sveglia e decide di diventare l’ingegner Ferrari di Lilliput? «Una fissazione infantile. Sono originario di Teramo. Mio nonno Giuseppe emigrò per fame a Philadelphia nel 1902. Posava i binari della ferrovia e la sera imparava la tecnica per costruire i carri agricoli. Mio padre Mario emigrò a sua volta nel 1960, in Germania. Andò a fare carri agricoli a Coblenza. Giocavo nella falegnameria di mio nonno, costruivo piccoli trattori e trebbiatrici». Non le avranno per caso negato un’automobilina a Natale? «Questo genere di regali manco esisteva. Il mio sogno era una bici vera. Me la regalarono da grande, una Amerio modello Balloncina, con la dinamo marca Radius e le ruote in legno di faggio». Quindi al modellismo come c’è arrivato? «Ho frequentato l’istituto d’arte a Castelli, il paese delle maioliche alle falde del Gran Sasso. Volevo diventare docente di educazione artistica, come mia moglie Francesca, che conobbi sui banchi di scuola. Invece finii a lavorare alla Villeroy & Boch di Teramo. Venni a sapere che a Lungavilla, nel Pavese, cercavano un modellista nella fabbrica di ceramiche di proprietà d’un professore che insegnava all’Accademia di Brera a Milano. Così nel 1969 salii al Nord. Un amico di Lungavilla, al quale avevo confidato che nel tempo libero mi piaceva costruire galeoni in miniatura, mi chiese se potevo procurargli una scatola di montaggio per il figlio appassionato di moto. Gli portai una Laverda acquistata a Milano. Migliaia di pezzi. Alla consegna scoprii che il destinatario era un bimbo. Mi vergognai come un ladro e gli promisi che gliel’avrei costruita io. Ma poi, a casa, non mi piaceva nessuno dei componenti che mi ritrovavo fra le mani. E allora con una piegatubi ho rifatto il telaio, poi ho rifatto le ruote, poi ho rifatto la testata. Finché non l’ho rifatta tutta». Era nato un monomaniaco. «Qualcosa del genere. Mi era venuta talmente bene, questa Laverda 750 Sf, che nel 1975 decisi di portarla a Torino, a un’esposizione organizzata da Quattroruote. Carlo Brianza la vide e rimase a bocca aperta. È l’unico pezzo che ho tenuto per me. Insieme con la Ferrari 156-85 fatta per Enzo Ferrari: purtroppo l’ingegnere morì prima che potessi consegnargliela. Non venderei questi due oggetti per tutto l’oro del mondo». Chi è Carlo Brianza? «Chi era. Un signore di Tradate che costruiva modellini. Mi propose di lavorare per lui. Aveva bisogno dei prototipi da produrre in serie. Nel 1976 gli portai una Ferrari 712 Can-Am. Mi chiese: “Quanto vuole?”. Mah, non saprei valutare, decida lei, gli risposi. Prese il blocchetto e mi staccò un assegno da 500.000 lire. A valori di oggi sarebbero oltre 4 milioni di lire. Io allora ne guadagnavo 200.000 al mese e mia moglie 120.000. Non credevo ai miei occhi. Ci avevo lavorato per una quindicina di giorni, nel tempo libero. Tre anni dopo lasciai il posto nella fabbrica di ceramiche per dedicarmi solo al modellismo». Sua moglie che le disse? «Che ero pazzo. Il dubbio venne anche a me quando, a un mercatino di appassionati in largo Augusto, a Milano, vidi che la mia Ferrari, affidata da Brianza a una ditta di Napoli per la produzione in serie, era in vendita a 100.000 lire. Avevano cancellato la firma “Bosica”. Protestai. La replica di Brianza fu: “A te non ti conosce nessuno”. Cacchio, e quando mai mi conosceranno se raschi via il mio cognome? Alla fine litigammo». E lei divenne il più famoso al mondo. «No, uno che mi ha superato c’è: Manuel Olivé Sans, spagnolo di Barcellona. Ma è morto anche lui. Pensi che negli anni Ottanta un gioielliere sborsò 900 milioni di lire per avere una sua collezioni di modellini. Oggi sarebbero 2 miliardi e mezzo di lire». I suoi concorrenti chi sono? «In genere si tratta di trapananti, come li chiamo io». A quali fonti attinge per riprodurre le auto fin nei minimi dettagli? «Ha idea di quante giornate ho passato in via San Marco, a Milano, dove Gastone Crepaldi aveva la concessionaria Ferrari? Adesso, quando ho un problema, vado direttamente a Maranello e lì mi devono assistere». Devono? «Sono licenziatario. La Ferrari mi fa pagare una royalty del 12% sui prototipi che costruisco. La Porsche, se non altro, s’accontenta del 5%». Quanto ha investito in macchinari? «L’investimento è in ore di lavoro: dalle 8 alle 13 e dalle 15 alle 20, tutti i giorni». Ci vuole arte. «Lasci stare l’arte. Parlerei solo di abilità nel saper usare i materiali. Arte era quella di Michelangelo». Quante prenotazioni ha in sospeso? «Ah no, alla mia età? Basta ansie. Ha mai sentito parlare di Manfred Gurlitt, compositore e direttore d’orchestra tedesco, pronipote del musicista Cornelius Gurlitt? Per non essere arrestato dalla Gestapo, emigrò a Tokyo nel 1939. Suo figlio mi spedì dal Giappone un assegno di 15 milioni di lire come acconto per un modellino. Niente da fare, gli scrissi. Ma lui insisteva: “Li tenga. Mi rimetto alla sua tempistica”. Cinque anni ho impiegato per riuscire a restituirglieli a rate». Chi è un appassionato di modellismo? «Uno che ha l’auto vera e la vuole anche in scala oppure un appassionato che non può permettersi l’auto vera e s’accontenta di quella in scala». Ma che cosa cerca nei modellini? «La sua fanciullezza». Giocattoli per adulti. Infatti i bambini non comprano le scatole di montaggio. «C’è la Playstation a rinco****nirli. Ma la voglia l’avrebbero. Solo che non trovano mai un padre o un nonno che giochi con loro. Il mio nipotino Luca, 3 anni, per fortuna promette bene. È sempre qui in laboratorio. Ho deciso che la Ferrari fatta per l’Ingegnere la lascerò a lui, insieme con la moto Laverda». Ma lei hai mai pilotato una supercar? «No, però ho fatto tre giri sul circuito di Monza seduto a fianco di Oscar Larrauri, il pilota argentino di Formula 1, su una Porsche 962 Sport Prototipo. Mi sono cagato addosso, scusi l’espressione. E guardi che io sono stato paracadutista della Folgore. Andava a 320 chilometri orari. Sempre poco a confronto con i 387 che Larrauri ha raggiunto a Le Mans. Lì ho capito che piloti non si diventa: si nasce». Che consigli darebbe a Sergio Marchionne? «Uno solo, semplicissimo: costruisca auto che piacciono. Oltre al motore, conta il vestito. Ci sarà un motivo se le strade pullulano di Bmw, Audi e Mercedes. La gente è disperata, ha bisogno d’aggrapparsi a qualcosa di bello». Non si sente un po’ in colpa per aver dedicato la vita a una passione così frivola? «Sì. E dire che avrei voluto diventare pittore. Ho visto un Canaletto esposto al Lingotto. Purtroppo il buon Dio non mi ha dato la mano di Giovanni Antonio Canal». Pensi a quali strumenti di precisione per la chirurgia avrebbe potuto realizzare. «In effetti era venuto a trovarmi un chirurgo oculista di Milano: voleva un ago per cucire alcune parti dell’occhio con un filo microscopico. Ero pronto a tentare. Ma poi ho ripensato a quello che mi ha detto Laurent Ferrier, maestro orologiaio di Ginevra, collezionista di Porsche Speedster in miniatura, che ha lavorato per 37 anni alla Patek Philippe». Che le ha detto? «Mi ha regalato il libretto d’istruzioni del Calibro 89, l’orologio più complicato e più caro del mondo, venduto all’asta per 11 milioni di dollari, dotato di una ruota d’ingranaggio che compie un giro completo ogni 100 anni. E mi ha detto: “Sa, Bosica, sono quasi due secoli che lavoriamo sempre sulla stessa cosa”».
(Fonte: ilgiornale.it)
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actelios
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Inserito il - 06/12/2014 : 17:30:45
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grazie eigi, l'avevo letta è famosa questa intervista ed in effetti dice tutto di vincenzo. Crto , oggi al mondo ci sono tantissimi produttori di rileivo , basti vedere MFH, ma vincenzo è un vero artigiano, un maestro abilissimo e preparatissimo in ingegneria, uno che lavora più di mano e testa che di computer, oserei dire ...un vero ambasciatore d'Italia nel mondo ... :)
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actelios
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Inserito il - 06/12/2014 : 19:46:43
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| 512s ha scritto:
Col marchio Tron, agli inizi degli anni ottanta usci la Opel Ascona 400 prototipata da Vincenzo Bosica
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la mia domanda è se nel foglio istruzioni interne di questi kit c'è scritto che è stato prototipato .. o ? come saperlo o capirlo ?
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